L’Italia sul letto di Procuste

Procuste, soprannome di un leggendario brigante dell’antica Grecia (ucciso da Teseo, eroe dell’Attica) che assaltava i viandanti e li stendeva su un letto, stirandoli a forza se troppo corti, amputandoli se sporgevano da esso.

“Sul letto di Procuste” sta ad indicare la condizione di trovarsi entro limiti troppo stretti. Posizione del nostro Paese, tra armistizio “corto” (4 settembre 1943) e “lungo” (29 settembre), preludio al rovesciamento di alleanza o “cobelligeranza” a fianco degli Alleati che dir si voglia.

In una retrospettiva storica, ci si chiede se fosee mai esistito un pensiero militare nell’Italia littoria, al di là degli slogan altisonanti e delle parate militari.

Il “finale” fu certamente peggiore del “preludio”. Si divenne, di fatto, “a Dio spiacenti e ai nemici sui”. Il disprezzo degli Alleati, a Sud, nei confronti dell’Itala Gente, fu a volte più profondo di quello dei Tedeschi, a Nord.

La mortificante conclusione armistiziale in una anonima tenda a Cassibile (con un generale in borghese, digiuno della lingua di Shakespeare, e sì che doveva negoziare con Americani e ufficiali di Sua Maestà britannica), appose la parola “fine” all’avventura iniziata il 10 giugno 1940. Ma non bastò il collasso di un regime autoritario, seguito dal tramonto di una dinastia, per comprendere certezze perdute per sempre ed entusiasmi, che meritavano almeno maggior rispetto.